All’interno dell’Unione Europea è garantito il diritto di libera circolazione e dunque la libertà di stabilirsi in un qualunque Paese membro, ciò non poteva che prevedere il riconoscimento reciproco dei titoli professionali conseguiti nei vari Stati.

Con tale finalità veniva emanata la Direttiva 2005/36/CE, poi recepita con D.Lgs. n. 206/2007 – Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell’adesione di Bulgaria e Romania.

Pertanto, in virtù di tale disposizione, il titolo rilasciato da uno stato estero è valido anche negli altri Paesi dell’Unione, tuttavia ciò che dovrebbe avvenire in modo automatico, non risulta così semplice quando incontra l’ostruzionismo del MIUR, che quotidianamente frappone pretesti fantasiosi, cavilli e lungaggini burocratiche al rilascio dell’equipollenza e quindi del decreto di riconoscimento.

Questi atteggiamenti negli anni hanno innescato numerosi contenziosi ove il Ministero risulta sempre soccombente, tanto è vero che non si contano più le sentenze del Tar e del Consiglio di Stato che annullano i provvedimenti con i quali il Ministero rifiuta il riconoscimento del titolo, per di più recentemente i giudici amministrativi, giustamente spazientiti dell’atteggiamento del Ministero che non ottempera a quanto statuito anno iniziato a nominare “Commissari ad acta” incaricati di eseguire le sentenze sulle quali l’Amministrazione omette di provvedere.

In conclusione alla luce di una normativa europea assorbente, di un consolidarsi della giurisprudenza univoco ne senso dei riconoscimenti automatici, ci auguriamo che Il Ministero cessi di ostacolare tutti coloro che investono sul loro futuro all’estero visto che in Italia non vi sono corsi sufficienti a colmare la disparità tra domanda ed offerta.

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