Spesso ci si interroga sul “ruolo” dell’insegnante di sostegno, se sia da considerare come esclusivamente dedicato all’alunno con necessità di sostegno, oppure come parte integrante e quindi risorsa attiva per tutta la classe ed il corpo docenti.

Tale questione in realtà era stata disciplinata dalla Legge 104/92, che all’art. 13 prevede:” I docenti specializzati per le attività di sostegno sono assegnati alle classi in cui operano, non al singolo alunno, e per questa ragione sono chiamati a partecipare alla programmazione didattica ed educativa e all’elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di intersezione, di interclasse e di classe e dei collegi dei docenti.”

Un chiaro segnale dell’importanza e volontà di una didattica inclusiva, che permette all’alunno disabile di essere parte integrante e ricchezza dell’intera classe.

Il sostegno è una ricchezza per tutti, la didattica inclusiva anche, in un’ottica di favorire un’integrazione sociale del ragazzo disabile con i suoi coetanei, ma non solo, coinvolgere anche i compagni nell’accettazione e superamento del pregiudizio che il diverso sia da temere, da emarginare.

Tuttavia la realtà viaggia su altri binari, meno umani, sociali ed utopistici, laddove si scorgono vagare nei corridoi degli istituti ragazzi disabili in compagnia del proprio docente di sostegno o dell’assistente all’autonomia, in totale spregio e tradimento di quello che era anche lo spirito antico e lungimirante della Legge 118/71 che superò le scuole speciali per integrare il disabile nelle classi.

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